Pietro Aretino e l’arte del Rinascimento |
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Si tratta di un ampio studio di Massimo Oro Nobili: il “fil rouge” è la recente splendida mostra “Pietro Aretino e l’arte del Rinascimento” (Uffizi-27.11.2019/1°.3.2020). L’eccezionale “Catalogo” della mostra (a opera dei curatori, Anna Bisceglia, Matteo Ceriana, Paolo Procaccioli) è posto a confronto con l’analogo “Catalogo” (a cura di Jonathan Bate e Dora Thornton) per la mostra su “Shakespeare staging the world” (British Museum -2012). Nobili propone di allestire, in futuro, una nuova mostra (col coinvolgimento anche di anglisti), con riguardo a “L’influenza di Aretino e Tiziano sulle opere di Shakespeare: Hamlet, Winter’s Tale, Venus and Adonis”. Ad avviso di Nobili, il “trait d’union” (con le opere shakespeariane) è John Florio (un “ghost-writer”, proprio come già era stato anche Aretino), ritenuto, come il più grande, insuperato e documentato, studioso di Aretino di tutti i tempi. Tre gli esempi dell’auspicata nuova mostra:
1) Il ritratto tizianesco (con sonetto aretiniano) del Duca d’Urbino Francesco Maria della Rovere (Uffizi), che influenzò (G. Bullough, 1935) la descrizione shakespeariana del Re Amleto, avvelenato per via auricolare, come si riteneva lo fosse stato il Duca.
2) Il ritratto “tizianesco” di Giovanni dalle Bande Nere (Gian Paolo Pace - Uffizi), nei cui colori della vita il “calco” mortuario in gesso del volto di Giovanni (opera di Giulio Romano) “resuscita”, come narrato da Aretino (Corrado Ricci-1929): una vicenda commoventissima che, grazie a John Florio, pervenne nel “Racconto d’Inverno” shakespeariano, ove la statua della Regina Ermione (anch’essa - guarda caso! - opera di Giulio Romano!), parimenti “prende vita”.
3) Il poemetto shakespeariano “Venere e Adone” (1593), che (Erwin Panofsky, 1969) non è altro che la “parafrasi del dipinto Venere e Adone” di Tiziano (la copia in Palazzo Barberini- N. Magri 2014), proprio come i componimenti ecfrastici di Aretino relativi ai ritratti tizianeschi! Appare, infatti, non più eludibile approfondire gli studi sull’influenza di Aretino (e Tiziano) sulle opere shakespeariane, che tuttora condizionano fortemente l’attuale cultura mondiale.
Note sulla mostra Aretino (4.7 MB) |
Luigi Groto, John Florio e Shakespeare: spunti per una ricerca |
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M. O. Nobili indaga sulla figura di Luigi Groto, un letterato, invero, oggi poco conosciuto in Italia, attraverso gli studi fondamentali della Prof. Barbara Spaggiari sui rapporti fra le opere di Luigi Groto e quelle di Shakespeare (in particolare, fra la tragedia Adriana di Groto e il dramma Romeo and Juliet di Shakespeare).John Florio è, anche in questo caso, ritenuto dalla Prof. Spaggiari come una sorta di “informatore” di Shakespeare, un “mediatore linguistico” [traduttore].“Intertestualità”, o “imitatio”(rielaborazione innovativa -nella lingua inglese, nella specie- di testi letterari italiani preesistenti), o “innovatio”? Aldilà della terminologia, e affrontando il profilo sostanziale della questione, i “prestiti” floriani in Shakespeare presuppongono, a nostro avviso, un’esegesi e un’analisi linguistica delle “fonti” italiane rinascimentali, che solo Florio poteva eseguire sui testi scritti italiani! Infine, si segnalano (come già illustrato da Marianna Iannaccone) due studi pubblicati in un medesimo recente volume (2017): 1) lo studio di Robert Henke evidenzia come la Commedia dell’arte italiana influì sull’opera di Shakespeare (specie tramite Angelo Beolco, detto Ruzzante); le 26 opere (lette da John Florio) facenti parte di questo genere comprendono anche 3 opere di Luigi Groto; 2) lo studio di Giulia Harding e Chris Stamatakis rileva che, già dal 1575, John Florio non era solo un mero studioso della lingua e della cultura italiana, ma era anche collegato con il mondo teatrale inglese, tanto che importanti componenti della compagnia dei “Leicester’s men” gli tributarono versi di lode in apertura dei “First Fruits” del 1578 (una prova documentale assai importante!).
Luigi Groto (677.19 kB) |
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“Floreat ultra Florius”: che John Florio non sia dimenticato! |
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M.O. Nobili riferisce brevemente su due recenti studi del Prof. Manfred Pfister (“Floreat Florio”, 2015) e del Prof. Hermann G. Haller (“‘Floreat Florius’:un promotore della lingua e cultura italiana negli anni di Shakespeare”, 2018), che sottolineano, già nel titolo, l’auspicio di tali autorevoli studiosi, circa l’importanza degli studi sulle opere di John Florio, a evitare che la sua figura sia dimenticata!Tali studi, nel loro titolo, ricordano la parte dell’epigramma latino che John Florio pose in calce al suo ritratto, nel dizionario del 1611: “Floreat ultra Florius”, “Che Florio fiorisca ulteriormente”, cioè anche dopo il 1611!
Floreat ultra, Florius (397.66 kB) |
Riflessioni sulla pièce teatrale di Stefano Reali “Shakespeare & Cervantes in Ghost Writer”. |
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La pièce teatrale di Stefano Reali, “Shakespeare & Cervantes in Ghost Writer” (rappresentata a giugno del 2019 nel Silvano Toti Globe Theatre di Roma) costituisce un’opera teatrale unica nel suo genere, avendo il merito di far rivivere sul palcoscenico la vicenda straordinaria di Michelangelo e John Florio, gli autori (secondo la “tesi floriana” di Santi Paladino -1955) delle opere di Shakespeare. M. O. Nobili prende spunto da tale opera teatrale, per alcune brevi riflessioni e per pubblicare anche (in Appendice I) il nutrito elenco degli studi (di accademici e di studiosi indipendenti), che sostengono, con argomentazioni oggettivamente autorevoli, l’authorship di John Florio.
Riflessioni sulla pièce teatrale di Stefano Reali (538.05 kB) |
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